Aree di intervento

DIFFICOLTÀ RELAZIONALI SOCIALI, FAMILIARI E DI COPPIA

Le difficoltà relazionali

Le problematiche relazionali possono essere limitate ad un contesto specifico (es. solo nell’ambito lavorativo oppure familiare): in tal caso si lavora su come poter migliorare tenendo presente anche l’ambito di riferimento. Ad esempio sul lavoro ci sono dei ruoli ed una “gerarchia” di cui tener conto.

Altre volte invece ci sono diverse difficoltà in più contesti (es. lavorativo, familiare, nella coppia, con i figli, con gli amici): in questo caso si vuol comprendere non solo come gestire al meglio le problematiche relazionali nei diversi contesti, ma in particolare spesso ci si chiede se è anche il proprio modo di porsi che forse genera gli stessi copioni con persone diverse, chiedendosi ad esempio “perchè mi ritrovo sempre a essere trattato così da tutti?”
Si analizzano i diversi aspetti per una migliore consapevolezza di sé. A volte ad esempio non ci si rende conto di quello che si comunica realmente all’altro attraverso la comunicazione non verbale (tono di voce, espressioni facciali, postura …) o attraverso atteggiamenti difensivi e di chiusura.

Ci sono inoltre delle fasi della vita in cui relazioni che sono sempre state funzionali iniziano a vacillare. Questo spesso è dovuto ad un cambiamento avvenuto nella vita delle persone che ha incrinato gli equilibri presenti fino ad allora.
Spesso i cambiamenti destabilizzano anche le relazioni e non sempre è facile ritrovare un’armonia (es. periodo adolescenziale, inizio di una convivenza, nascita di un figlio, separazione e divorzio, …).

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L’essenziale è invisibile agli occhi

(Il Piccolo Principe)

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Come intervenire

In questo caso si lavora insieme tenendo conto sia delle caratteristiche presenti inizialmente sia delle nuove dinamiche e di eventuali nuovi bisogni o necessità.

Nella terapia delle problematiche relazionali si affrontano diversi aspetti tra cui:

  • contesti in cui emergono le difficoltà
  • diversi ruoli
  • relazioni interpersonali più difficili da gestire per la persona
  • modalità e strategie comunicative verbali e non verbali
  • fattori che hanno destabilizzato equilibri presenti da anni
  • se le difficoltà relazionali derivano da altri aspetti problematici (es. insicurezza, scarsa autostima, paura del giudizio altrui, paura della separazione, paura di perdere la relazione…)

L’obiettivo finale è migliorare la consapevolezza delle proprie dinamiche interpersonali per poi vivere in modo più soddisfacente le diverse relazioni sia in ambito familiare che sociale.

Definizione

L’espressione “difficoltà relazionali” è ampia e generica. Include le varie problematiche che una persona può sperimentare nelle interazioni con gli altri in ambito sociale, familiare e di coppia. Tutti possono sentirsi inadeguati o in difficoltà saltuariamente. Risulta però psicologicamente rilevante se una persona si sente spesso o sempre incapace a comunicare con gli altri e a costruire e mantenere un rapporto interpersonale. A volte le difficoltà relazionali riguardano quindi la persona a prescindere dalla relazione o dal contesto. Queste persone sono in difficoltà in generale nelle relazioni. Altre volte invece non è un problema della persona di per sè ma è solo con una certa persona o con un gruppo particolare. Qui è importante considerare cosa scatta all’interno di queste relazioni tanto da renderle difficoltose e a volte anche invalidanti.
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Le cause
Le cause sono multifattoriali. Ogni persona ha un suo modo di relazionarsi che dipende da fattori emotivi, cognitivi, comportamentali e sociali.
In generale per analizzare le difficoltà relazionali si possono suddividere i diversi fattori in tre grandi gruppi: ciò che dipende dalla singola persona, ciò che dipende dall’altro o dagli altri nel caso di un gruppo, il contesto in cui ci si trova.
Ogni singola persona fa la sua parte nell’interazione e porta un suo pezzo. Si comunica sempre qualcosa verbalmente o non verbalmente. Anche il silenzio o il rimanere in disparte comunque “dice” qualcosa all’altro. Ogni persona tenderà ad interagire in base a ciò che si dice di sé stessa, degli altri, del contesto e del mondo in generale. Inoltre tenderà ad utilizzare uno stile relazionale che dipenderà dalle esperienze relazionali precedenti. Molte modalità derivano da schemi interpersonali delineati nel tempo a partire fin dalle prime interazioni nell’infanzia. Le relazioni sperimentate da piccoli hanno contribuito a costruire una rappresentazione mentale delle interazioni interpersonali che tenderà poi a influire su come vengono lette le relazioni successive. La presenza di schemi interpersonali disfunzionali e rigidi influisce negativamente nelle relazioni.
In ogni interazione c’è poi l’altra persona ed anche questa comunicherà e agirà in base alla visione di sè, alle sue credenze, ai suoi schemi interpersonali. Ognuno porta la sua parte e l’andamento della relazione, che sia di amicizia o coppia o altro, dipenderà dall’interazione delle varie parti. Le dinamiche nel momento in cui c’è un gruppo sono ancora più complesse perché le interazioni sono molteplici e quindi ognuno influisce sugli altri e viceversa. 
Ogni contesto inoltre ha le sue peculiarità e le sue regole: ad esempio un conto è essere in famiglia o con gli amici ed un conto è al lavoro o a scuola. Quando si parla di difficoltà relazionale e si vuole intervenire per migliorare si deve quindi tener conto per alcuni aspetti anche del contesto in cui avviene. 

Tutti i contenuti presenti hanno scopo puramente informativo. Non possiedono quindi alcuna funzione diagnostica o terapeutica. Contattami per qualsiasi approfondimento.

I segnali personali da non sottovalutare
La persona con difficoltà relazionali può manifestare diversi sintomi.  
 
• Fisici  in base al tipo di emozione che si prova: ad esempio se si è in ansia perché preoccupati di come gestire un’interazione potrebbero esserci sudorazione, tremori, palpitazioni, tensione oppure se ci si vergogna potrebbero esserci ad esempio rossore e sudorazione.
 
• Comportamentali come ritiro sociale, stare in silenzio, mettersi in disparte, evitare di guardare gli altri negli occhi oppure suscettibilità, irritabilità.
 
• Cognitivi  costituiti da pensieri disfunzionali su sé, gli altri e le interazioni avute o che potranno avvenire e spesso ci si ritrova a rimuginare continuamente su questi aspetti. 
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I segnali relazionali da non sottovalutare
È importante provare a modificare in modo funzionale alcuni aspetti della relazione quando l’interazione suscita malessere ed è spesso caratterizzata da ad esempio: 
 
• Discussioni continue
• Risentimento 
• Aggressività 
• Irritabilità 
• Frustrazione 
• Suscettibilità 
Ansia
• Non sentirsi capiti
• Senso di solitudine 
• Distacco
• Disinteresse
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Le fasi del percorso psicologico

Definire l’obiettivo del percorso
Nella prima fase è importante raccogliere le informazioni necessarie e analizzare le aspettative per poi concordare un obiettivo comune. Nella coppia entrambi devono essere disposti a mettersi in gioco e l’obiettivo deve essere condiviso. Non si può lavorare per cambiare l’altro. Ognuno deve lavorare su ciò che porta all’interno della relazione.

Riconoscere gli schemi interpersonali 

È fondamentale riconoscere gli schemi interpersonali e i circoli viziosi che si ripetono in modo disfunzionale. A volte non si è del tutto consapevoli di ciò che comporta il proprio modo di interagire nelle interazioni con gli altri. Solo con una maggiore consapevolezza delle dinamiche relazionali si può poi intervenire per interrompere i cicli disfunzionali e trovare nuove modalità più funzionali.
Comunicazione assertiva
La comunicazione assertiva è una modalità di interazione collaborativa e costruttiva. È una comunicazione efficace che riguarda aspetti sia di tipo verbale che non verbale. Si cerca di trovare un punto di incontro che rispetti i bisogni della persona senza ledere i diritti dell’altro. È importante perciò non cadere né nella modalità troppo remissiva né in quella troppo aggressiva. 
 

Esposizione graduale

È importante costruire e mantenere le interazioni sociali per rinforzare e migliorare le proprie capacità comunicative. Bisogna allenarsi. Purtroppo di solito la preoccupazione e il senso di inadeguatezza relazionale porta spesso ad evitare le interazioni ma questo non fa che aumentare la sensazione di non essere in grado o di non essere portati a interagire con gli altri peggiorando così le interazioni successive e creando così un circolo vizioso.
 

Consolidamento e chiusura

Dopo aver compreso quali meccanismi favoriscono un buon funzionamento nelle relazioni, aver consolidato le proprie capacità comunicative interpersonali ed essersi allenati si diradano i colloqui per monitorare l’andamento nel tempo e rinforzare gli aspetti che sembrano vacillare. Si raggiunge la fase conclusiva quando la persona si sente più sicura e percepisce di aver acquisito una buona visione di sè in ambito relazionale.
 

FAQS

Le domande più frequenti su questa area d'intervento

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Potrebbe esserci una difficoltà personale in ambito relazionale se l’idea di interagire con gli altri durante le varie attività quotidiane o al lavoro, il partecipare a eventi sociali, il dover iniziare e mantenere una conversazione sono tutte situazioni che generano emozioni vissute come spiacevoli e invalidanti. È importante analizzare cosa ci si dice di sé stessi: “non sono in grado”, “non sono portato”, “non piaccio”, “non so parlare”, “non so mai cosa dire”.. Tutti questi pensieri autogiudicanti possono incidere nelle interazioni quotidiane e perciò è utile ristrutturarli e modificarli in modo funzionale.
 
In ogni coppia ci possono essere delle fasi in cui ci si sente più in sintonia o meno. Quando però le difficoltà iniziano ad essere rilevanti e pervasive nella vita quotidiana si riscontrano frequentemente una serie di problemi: discussioni e  incomprensioni quotidiane, forte risentimento verso l’altro, frustrazione, non ci si sente capiti, ci si sente sempre più soli e distanti, c’è distacco e disinteresse fino ad arrivare ad una forte suscettibilità, irritabilità e a volte aggressività.
 
Nelle relazioni entrambi hanno un ruolo. In generale la colpa non è mai solo di uno o dell’altro. Entrambi portano una parte di sé e l’interazione tra le parti genera la relazione. Ognuno può lavorare sulla sua parte e sul proprio modo di comunicare o interagire. Se poi uno dei due ha problematiche personali individuali rilevanti può fare un percorso personale sia per sè stesso che per non intaccare i rapporti interpersonali.
 
 
Può dipendere sia da fattori individuali che dalle persone con cui si interagisce. 
Se il problema riguarda poche persone probabilmente in questo caso scattano dei meccanismi che rendono la comunicazione poco efficace. 
Se però c’è la sensazione di non sentirsi mai capiti da nessuno andrebbero analizzate le proprie modalità comunicative verbali e non verbali. Come si esprimono le proprie emozioni e i propri vissuti? Si condivide il proprio punto di vista? In che modo? Analizzare questi aspetti può aiutare a comprendere se le modalità utilizzate possono favorire fraintendimenti.
La comunicazione, le capacità interpersonali, la regolazione delle emozioni sono tutte abilità che si possono apprendere e consolidare allenandosi nei vari contesti: provando, ristrutturando ciò che non funziona, riprovando, rinforzando ciò che è efficace, consolidando le proprie capacità e la visione di sè stessi in ambito relazionale.

5 consigli per chi "soffre" del disturbo

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1

Regolare le proprie emozioni 

Quando si è troppo attivati emotivamente si fa fatica a comunicare in modo funzionale: ad esempio si fa fatica a parlare o si parla troppo velocemente o si fa fatica ad ascoltare e a seguire il discorso. Riconoscendo e gestendo le proprie emozioni (non negandole) è poi più semplice comunicare mantenendo una modalità assertiva. 
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2

Rinforzare l’autostima 

È più semplice relazionarsi quando si ha una buona autostima. Ci si concentra così sulla comunicazione senza troppi dubbi, rimuginii, paure. Se si è sicuri di sé stessi ci si valuta interessanti, capaci, amabili e questo permette di sentirsi a proprio agio nelle relazioni interpersonali. 
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3

Non temere il giudizio altrui 

Se si dà troppa importanza al giudizio altrui si passa tutto il tempo durante l’interazione (a volte anche prima e dopo) a monitorare e valutare cosa si è detto, come, quando… perdendo però così di vista la relazione stessa, la comunicazione, il momento di condivisione. 
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4

Allenarsi ad utilizzare una comunicazione assertiva 

La comunicazione assertiva permette di mantenere il dialogo su un piano collaborativo e costruttivo. Il confronto è non giudicante ma propositivo. Ognuno può esprimere se stesso rispettando anche l’altro. La comunicazione assertiva favorisce un’interazione serena. 
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5

Essere più consapevoli dei propri copioni

Il copione è uno schema che si mette in atto ripetutamente ed in modo abbastanza rigido e automatico. Il copione è limitante e disfunzionale. Si basa sulle convinzioni che si hanno su sé, gli altri e il mondo. È importante riconoscere quando si mette in atto il copione per provare a uscire dal solito schema disfunzionale. 

5 consigli per chi "sta vicino" a chi soffre

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1

Essere empatici
Provare a guardare il mondo dal punto di vista dell’altro. È importante l’ascolto attivo, comprendere le emozioni, non giudicare e non sminuire le difficoltà. L’empatia è la capacità di “mettersi nei panni delle altre persone” ed è come se si indossassero gli occhiali dell’altro per guardare il mondo dalla sua prospettiva. 
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2

Condividere momenti piacevoli 
È importante vivere momenti piacevoli che possano restituire l’idea che è anche bello stare in compagnia. È importante rinforzare così l’idea che le relazioni possono essere gradevoli e interessanti. Questo aiuta a temere meno i momenti di interazione e condivisione. 
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3

Motivare
Aiutare a trovare dei buoni motivi per cui è importante costruire e mantenere delle buone relazioni. Ad esempio rinforzare l’idea che si sta meglio quando si sa di poter condividere con qualcuno le proprie emozioni o di poter avere un supporto emotivo nei momenti difficili. 
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4

Rinforzare i progressi 
Sottolineare gli aspetti positivi e rinforzare quando si nota un progresso e un successo. Far capire che si notano l’impegno e gli sforzi nel migliorare la comunicazione e più in generale la relazione. 
 
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5

Invitare a intraprendere un percorso personale o di coppia
Non sempre è facile riconoscere i propri schemi interpersonali e modificarli in modo funzionale. Anche nei rapporti di coppia o familiari non sempre si riescono a modificare i copioni ormai consolidati da anni. Per interrompere i circoli viziosi in modo efficace e duraturo può essere utile rivolgersi ad un professionista qualificato. Per verificare l’iscrizione all’Albo di uno psicologo si fa riferimento in Lombardia all’Ordine Psicologi Lombardia (OPL).
Cenni su teorie/studi sull’autostima
Le difficoltà relazionali possono riguardare in modo trasversale diverse problematiche psicologiche ed emotive. Dipendono da diversi aspetti personali tra cui la capacità di gestire le emozioni e la capacità di utilizzare una comunicazione assertiva e efficace.
L‘Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 1993) sottolinea l’importanza delle Life Skills nell’ambito relazionale e le definisce come “tutte quelle abilità e competenze che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri, per affrontare i problemi …”.
Quando le difficoltà relazionali sono presenti quotidianamente è importante intervenire con un percorso di sostegno psicologico che può aiutare sia a gestire aspetti individuali che di coppia. Il sostegno psicologico, che sia individuale o di coppia, è di supporto e può essere utile in tutti quei momenti in cui una persona con un buon funzionamento psichico pregresso vive un periodo di forte malessere. Ci sono diversi studi, ricerche e pubblicazioni sul sostegno psicologico in generale. Tra le linee guida di riferimento più riconosciute ci sono quelle dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dell’American Psychiatric Association (APA) e del National Institute for Health and Care Excellence (NICE).
Se invece le difficoltà relazionali sono correlate a dei veri e propri disturbi è necessario seguire un percorso di psicoterapia cognitivo comportamentale la cui utilità è analizzata in diversi studi. Le diverse organizzazioni sanitarie di riferimento sono:  American Psychiatric AssociationAmerican Psychological AssociationLinee guida internazionali NICE (National Institute for Care and Health Excellence); Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS); Istituto Superiore della Sanità (ISS).
Nel caso in cui le difficoltà relazionali siano emerse a seguito di eventi traumatici è possibile integrare il percorso con l’ Emdr che è riconosciuto come approccio efficace per la cura del trauma e dei disturbi correlati al trauma da diverse organizzazioni sanitarie:  American Psychological Association (1998-2002); Ministero della Salute (2003); American Psychiatric Association (2004); International Society for Traumatic Stress Studies (2010); Organizzazione Mondiale della Sanità (2013) .
È importante quindi rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta che possa valutare il trattamento più indicato. Per verificare che si tratti di un professionista qualificato si può consultare l’Albo di riferimento. In Lombardia si fa riferimento a Ordine Psicologi Lombardia (OPL).

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